Champions League: 3 cose che abbiamo capito da Manchester City-Inter 1-0

Il calcio italiano sperava nel Triplete dopo una stagione esaltante nelle coppe europee, ma la tripletta si è realizzata al contrario, con tre sconfitte nelle finali delle coppe 2022/23.

La Roma ha perso ai rigori fra le polemiche a Budapest con il Siviglia, mentre la Fiorentina ha mollato all’ultimo respiro a Praga contro il West Ham, e ieri l’Inter, dopo una partita giocata ottimamente, ha ceduto di misura al Manches City.

Vediamo tre punti che abbiamo voluto fissare sulla partita di ieri di Istanbul:

Il piano tattico di Simone Inzaghi ha funzionato anche stavolta

Al di là del risultato, arrivato per un gol di Rodri a metà secondo tempo, si può sicuramente dire che Simone Inzaghi ha indovinato il piano tattico anche stavolta.

L’Inter non si è chiusa in difesa, ha guardato in faccia il City e ha voluto sfidarlo a viso aperto. Nel primo tempo i nerazzurri andavano a prendere molto alto il City, impedendo così una costruzione lineare da parte degli uomini di Guardiola, mentre Haaland è stato “anestetizzato” per tutta la partita, grazie all’ottima marcatura di Acerbi, e a un lavoro di squadra che ha funzionato molto bene.

Nel secondo tempo l’Inter si è resa più pericolosa rispetto a una prima frazione dove aveva solo pensato a contenere il Manchester City, ma hanno pesato gli errori individuali da parte degli attaccanti.

Lukaku come ai Mondiali: Gli errori pesano

Ad inizio secondo tempo, quando si è infortunato Dzeko che ha dovuto lasciare il campo, c’era la forte sensazione che Romelu Lukaku sarebbe stato l’uomo del destino.

Il belga è entrato con una grande carica, e avrebbe potuto anche portare in vantaggio l’Inter se Lautaro Martinez avesse messo al centro il pallone invece di provare il tiro da posizione defilata.

Poi però, proprio come ai Mondiali nell’ultima partita decisiva del Belgio con la Croazia, Lukaku ha iniziato a sbagliare, prima stoppando involontariamente un tap-in di testa di Di Marco, e poi spedendo sul portiere un colpo di testa a partita quasi finita, decisamente più un gol sbagliato che non un miracolo di Ederson.

Sarebbe ovviamente ingiusto buttare la croce sugli attaccanti per i gol sbagliati, perché sia Lukaku (gol decisivo al Porto  rigore con il Benfica), che Lautaro Martinez (gol al Benfica e gol al Milan al ritorno), avevano portato l’Inter fino a qui, ma quando ti capitano occasioni così clamorose in una finale di Champions League devi buttarle dentro, altrimenti ti restano solo i rimpianti.

Guardiola torna a vincere, ma il suo City ha patito la tensione

Il Manchester City ci è apparso da subito lento, macchinoso, bloccato dalla tensione di “dover” vincere la prima Champions League della storia, e di realizzare un Triple (dopo aver vinto Premier League e FA Cup) che fa entrare i Citizens nella storia del calcio inglese.

Gli inglesi partivano favoriti, e i favori del pronostico hanno pesato nella testa dei giocatori, che non sembravano tranquilli, con Gundogan e De Bruyne– finché il belga è rimasto in campo- che non riuscivano a trovare guizzi, e un Haaland che è sembrato l’ombra del centravanti devastante visto fino a qualche settimana fa.

La finale l’ha decisa così lo spagnolo Rodri, di solito poco celebrato ma importante come pochi in casa City, senza dimenticare le parate di Ederson, decisivo almeno un paio di volte nel convulso finale di partita.

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