Dopo aver analizzato come Herbert Chapman e Helenio Herrera hanno influenzato il gioco del calcio, ora è la volta di Valeriy Lobanovskyi, il guru del calcio sovietico, che con il suo calcio creato in laboratorio ha avuto una grande influenza sui tecnici che si sono poi imposti negli anni Novanta e all’inizio del nuovo secolo.
Lobanovskyi è stato un innovatore, ma anche un grande studioso di calcio.
Il metodo scientifico del Colonnello
Lobanovskyi viene considerato il tecnico che nella vecchia Unione Sovietica ha influenzato il gioco più di tutti, sulle orme di Viktor Maslov, che prima del Colonnello aveva avuto un grande impatto sul calcio sovietico negli anni Sessanta.
Le vittorie di Lobanovskyi con la Dinamo Kiev possono dividersi in due periodi. Il primo ciclo è a metà degli anni Settanta, quando la Dinamo guidata in campo da Oleg Blokhin vince la Coppa delle Coppe e la Supercoppa europea nel 1975, e per il tecnico inizierà in patria un ciclo di vittorie che lo porterà ad ottenere 8 campionati e 6 coppa dell’Unione Sovietica.
Lobanovskyi è il primo tecnico a dare veramente importanza alle statistiche, ai dati, alle metodologie di lavoro che tendono a migliorare la prestazione del calciatore. Il calcio del Colonnello ha chiaramente una visione collettivistica, in linea con il regime comunista dell’epoca, una filosofia che fa sì che la Dinamo Kiev, e successivamente l’Unione Sovietica, diventino un collettivo coeso, dove tutti lavorano al servizio degli altri, e ogni individualismo viene bandito.
Il secondo ciclo di successi della Dinamo Kiev sarà poi a metà degli anni Ottanta, quando gli ucraini vinceranno un’altra Coppa delle Coppe, distruggendo a Lione l’Atletico Madrid per 3-0, e imponendo un calcio basato su un mix di velocità e forza fisica, un grande atletismo, e una tecnica dei giocatori comunque ragguardevole.
Il sistema della Dinamo Kiev sembra perfetto ma, una volta che alcuni giocatori sono lasciati emigrare per poter giocare all’estero, è come se venissero privati del loro habitat naturale, e nessuno di loro riuscirà ad imporsi lontano da Kiev. E’ il caso di Oleksandr Zavarov, arrivato con grandi aspettative nell’estate del 1988 alla Juve, ma rimasto per due stagioni un oggetto misterioso.
Lobanovskyi tornerà poi a guidare la Dinamo Kiev nel 1997, fino alla sua morte nel 2002, e sarà proprio lui a scoprire e lanciare sulla scena mondiale un giovane fenomeno di nome Andriy Shevchenko.
Lobanovskyi con la nazionale sovietica
Il Colonnello ha guidato per più periodi anche la nazionale sovietica, trasportando sempre in nazionale il blocco di giocatori della Dinamo Kiev.
Il periodo più soddisfacente fu quello fra il 1986 e il 1988. In Messico ai Mondiali ’86, i sovietici esordirono con un roboante 6-0 sull’Ungheria, passando agevolmente il girone eliminatorio a braccetto con la Francia. L’Unione Sovietica si fermò però poi già negli ottavi contro il Belgio ai supplementari, perdendo 4-3 una partita in cui i sovietici furono fortemente penalizzati anche da più di una controversa decisione arbitrale.
Nel 1988, all’Europeo in Germania, l’Unione Sovietica arrivò fino alla finale, battendo in semifinale per 2-0 l’Italia di Vicini, ma all’ultimo atto si fermò davanti all’Olanda di Gullit, Rijkaard e Van Basten, forse la nazionale olandese più forte di sempre.
Due anni dopo al Mondiale italiano le cose non andarono invece bene. L’Unione Sovietica da un punto di vista politico si sarebbe sfaldata pochi mesi dopo la rassegna iridata, e la nazionale di Lobanovskyi incassò un doppio 2-0 da Romania e Argentina, e a nulla valse poi la goleada all’ultima giornata contro il Camerun.
Lobanovskyi aveva già deciso prima del Mondiale di lasciare la nazionale, ed emigrò prima negli Emirati Arabi e poi in Kuwait, per insegnare calcio in un ambiente però con meno pressioni.
Nel 2000, dopo aver guidato più volte l’Unione Sovietica, ebbe l’onore e il privilegio di guidare anche la nazionale ucraina, nata nel 1991 dopo l’indipendenza.