In questa estate 2023 sono gli arabi a farla da padroni.
Milioni di dollari a destra e a sinistra, per un calciomercato totalmente monopolizzato dall’Arabia Saudita, che sta cercando di rendere sempre più attraente e spettacolare il campionato locale.
Quando non arrivano gli arabi, è la volta dei ricconi della Premier League, così che alla Serie A rimangono solo le briciole.
La situazione era ben diversa a metà anni Ottanta del secolo scorso, quando i nostri club la facevano da padroni, e dettavano le regole sul mercato. L’estate del 1983 fu particolarmente movimentata, con giocatori come Zico e Cerezo che hanno aperto casi che hanno coinvolto anche la politica.
Fu soprattutto il caso di Zico a far discutere più di tutti.
Chi era Zico?
Oggi non tutti lo ricorderanno, ma Arthur Antunes Coimbra, detto Zico, tra la fine degli anni Settanta e i primi Ottanta, è stato un campione assoluto del calcio mondiale.
Stella con il Flamengo in patria, nel 1982 era uno dei protagonisti principali del Brasile più spettacolare della storia, eliminato solo dall’Italia cinica di Enzo Bearzot.
Con la maglia della nazionale brasiliana Zico ha disputato 3 Mondiali (1978, 1982 e 1986), giocando complessivamente con i verdeoro 71 partite e realizzando 48 gol. Con il Flamengo giocò dal 1971 al 1983, periodo nel quale il fantasista brasiliano disputò 485 partite con 362 reti.
Parliamo quindi un campione assoluto, su cui nell’estate del 1983 aveva messo gli occhi anche il Real Madrid, ma che incredibilmente finì all’Udinese, una squadra che era finita al sesto posto nella stagione precedente, e non faceva certo parte dell’élite del calcio italiano.
Il caso Zico e la rivolta di Udine
Un ruolo importante nell’affare Zico lo ebbe Franco Dal Cin, quarantenne direttore sportivo dell’Udinese, che cercò di sviare il più possibile questa clamorosa operazione di mercato, ma che arrivò a definire poi il passaggio di Zico a Udine versando 4 miliardi di lire al Flamengo. Al giocatore sarebbe andato un miliardo di lire lordo per due anni, con i diritti di immagine che sarebbero rimasti alla società friulana.
Appena la notizia venne riportata dai media, in Italia scoppiò il caos. Luciano Lama, segretario generale della Cgil, accusò il presidente friulano Lamberto Mazza di aver messo in cassa integrazione molti lavoratori della Zanussi (la fabbrica del patron dell’Udinese) per permettersi Zico, e anche il presidente federale Federico Sordillo intervenne cercando di frenare le spese pazze dei club italiani e dichiarando che il trasferimento di Zico a Udine, come quello dell’altro brasiliano Toninho Cerezo alla Roma, erano arrivati fuori tempo massimo.
I tifosi dell’Udinese non accettarono queste pressioni esterne, scesero in piazza minacciando addirittura una richiesta di secessione verso l’Austria se il “Galinho” brasiliano non fosse arrivato.
Alla fine fu lo stesso presidente della Repubblica Sandro Pertini a dover intervenire per sbloccare i trasferimenti, per la gioia dei tifosi dell’Udinese, che con Zico erano sicuri di poter puntare allo scudetto.
Le due stagioni di Zico a Udine
Alla prima giornata della stagione 1983/84, Zico si presentò subito con una doppietta in casa del Genoa (5-0 a favore dei friulani), e in generale quella fu un’ottima stagione per Zico, che realizzò a fine campionato 19 reti (si giocavano ancora 30 partite in Serie A), ma l’Udinese arrivò solo nona in classifica.
La stagione seguente (1984/85) fu invece davvero sfortunata per il Galinho, fermato continuamente dagli infortuni, e a fine campionato Zico realizzò solo 3 reti, e i friulani anche stavolta non andarono oltre una posizione a centroclassifica.
Per Zico era già tempo di addio all’Italia, con prossima tappa il Giappone, dove Zico avrebbe concluso la carriera di calciatore, e iniziato quella da allenatore.