Se n’è andato venerdì 31 agosto all’età di 82 anni Jan Jongbloed, mitico portiere dell’Olanda degli anni Settanta, la squadra di Cruijff e del calcio totale, quella che entusiasmò il mondo senza vincere nulla, e quella che rivoluzionò la storia del calcio.
Nel suo piccolo anche Jongbleod è stato un rivoluzionario, sia per il suo modo di vivere, sia soprattutto per quello di giocare, perché con il portiere olandese assistiamo per la prima volta a un estremo difensore che è più bravo a giocare la palla con i piedi che a parare, un concetto assolutamente rivoluzionario 50 anni fa.
Le squadre in cui ha giocato Jongbloed
Jan Jongbloed ha sempre voluto rimanere un calciatore dilettante, e da dilettante ha disputato ben due finali mondiali. Era evidentemente un altro calcio, uno sport che si stava sempre più professionalizzando, ma manteneva un qualcosa di romantico.
Jongbloed spese la sua carriera fra il DWS Amsterdam– che poi divenne FC Amsterdam e con cui il portiere vinse una Eredivisie- il Roda JC e il Go Ahead Eagles, squadre non di prima fascia del campionato olandese, che però davano a Jongbloed la possibilità di continuare la sua attività di tabaccaio, e gli davano anche tempo libero a sufficienza per poter andare a pescare, e coltivare così il suo hobby preferito.
Jongbloed concluse la carriera con il Go Ahead Eagles nel 1986, ma nel 1984 il portiere olandese subì la tragedia più grande della sua vita, visto che il figlio, portiere anche lui nel DWS, dove aveva iniziato la carriera Jan, morì sul campo da gioco colpito da un fulmine durante un temporale.
La carriera di Jongbloed nella nazionale olandese
Jongbloed aveva esordito in nazionale nel 1962, ma poi non fu più richiamato con gli oranje fino addirittura al 1974, quando Rinus Michels cercava un portiere per i Mondiali dopo l’infortunio del titolare Van Beveren. Uno stop ritenuto da molti “diplomatico”, perché Van Beveren, estremo difensore del PSV Eindhoven, non era mai entrato nelle grazie di Sua Maestà Johan Cruijff, che aveva suggerito a Michels quel portiere difensore dell’FC Amsterdam, che si sarebbe integrato perfettamente nel gruppo dell’Ajax.
Jongbloed fece così il suo esordio al Mondiale in Germania, un torneo nel quale divenne un protagonista sia per il suo maglione giallo che indossò in ogni partita- in un periodo nel quale i portieri si vestivano ancora di grigio o di nero- sia per il numero 8 che portava sulle spalle, visto che l’Olanda aveva deciso di assegnare i numeri per i Mondiali in ordine alfabetico (tranne ovviamente Cruijff, che aveva scelto per lui il “suo” 14).
Quell’Olanda arrivò seconda ai Mondiali ma entrò nella storia per il modo di giocare, e anche Jongbloed aveva innovato il ruolo del portiere, non più solo estremo difensore designato a respingere i tiri avversari, ma primo difensore che giocava spesso coi piedi e poteva anche impostare la prima costruzione del gioco.
Nel 1978 Jongloed si trovò a giocare ancora i Mondiali– e stavolta non per meritò di Cruijff, che in Argentina non ci andò nemmeno), ma perse il posto da titolare dopo la sconfitta indolore per 3-2 con la Scozia, ma lo ritrovò in seguito all’infortunio di Schrijvers nella partita contro l’Italia.
Jongloed si trovò quindi a giocare un’altra finale mondiale, con Ernst Happel in panchina, e contro un’Argentina che quel Mondiale non poteva proprio perderlo in casa, davanti al sanguinario regime militare che aveva azzannato il paese due anni prima, e lo avrebbe portato al collasso.
Lo stile di Jan Jongbloed
Jongbloed era considerato un portiere dallo stile sgraziato, che non troverete in nessuna classifica di merito fra gli estremi difensori di tutti i tempi.
L’olandese però è stato il progenitore di un modo di giocare che oggi va per la maggiore, visto che ai portieri oggi non si chiede solo di parare, ma anche di giocare con i piedi ed essere la prima fonte di gioco. Jongbloed lo fece a modo suo, in un’era nella quale il portiere poteva ancora toccare la palla con le mani su un retropassaggio, ma Jongbloed preferiva comunque tenerla fra i piedi, studiare il gioco, essere partecipe e non solo spettatore in fase di costruzione.
Un rivoluzionario all’interno di una squadra che ha fatto la rivoluzione, un vero amante del calcio, che ha giocato fino all’età di 45 anni diventando il giocatore più vecchio a calcare i campi della Eredivisie (record che detiene tuttora), costretto al ritiro nel 1986 solo in seguito a un infarto.