Ieri sera, nella conferenza stampa post-partita al Barbera, Gabriele Gravina, a fianco di un Roberto Mancini con occhi gonfi e quasi in lacrime, pronunciava queste parole:” dobbiamo ripensare il nostro calcio, proprio a livello strutturale, non è possibile che nel campionato Primavera giochi solo il 30% di italiani”.
Una verità secondo noi solo parziale, che ovviamente non spiega del tutto- come potrebbe farlo- la clamorosa sconfitta dell’Italia contro la Macedonia del Nord, che per la seconda edizione consecutiva- mai successo nella storia azzurra- ci esclude dai Mondiali.
Da oggi è tempo di processi, e noi vogliamo provare ad individuare tre cause di questo clamoroso fallimento dei campioni d’Europa in carica:
Mancano talenti italiani nei Top campionati europei
Ripartendo dall’affermazione di Gravina, che riprende un po’ il mantra ripetuto da tutti soprattutto oggi “ci sono troppi stranieri in Serie A, i giovani non hanno spazio per crescere”, noi vorremmo provare a ribaltare, o forse meglio dire ampliare, questo concetto.
Crediamo infatti che uno dei tanti problemi del calcio italiano sia quello che non ci sono sufficienti giovani italiani di talento a giocare nei top campionati in Europa, come Premier League e Liga ad esempio.
Marco Verratti è l’unico giocatore di valore che gioca stabilmente in un top club europeo (il Paris Saint Germain), e infatti nella notte di Palermo è quello che ha espresso più personalità anche nei momenti di grande difficoltà.
Se analizziamo però le grandi nazionali europee come Francia (Lloris, Pogba, Griezmann, Kantè, Varane, Camavinga), Spagna (De Gea, Laporte, Marcos Alonso, Rodri, Dani Olmo), Germania (Ter Stegen, Werner, Havertz), senza citare Brasile ed Argentina, hanno giocatori giovani e già affermati che sono titolari nei più importanti campionati d’Europa (la Serie A non lo è più da tempo, facciamocene una ragione).
Il Portogallo che ieri ha battuto la Turchia nell’altro playoff, aveva in campo Bernardo Silva (Manchester City), Diogo Jota (Liverpool), fra gli altri, oltre ovviamente a Cristiano Ronaldo, e in panchina giovani talenti come Joao Felix e Leao (con Cancelo del Manchester City assente, ma solitamente titolare).
L’Italia non esporta talenti, soprattutto pare che nessuna delle big d’Europa metta gli occhi sui nostri presunti talenti. Samo diventati una “farmer league” come la Ligue 1, è che lo siamo solo per giovani potenziali talenti stranieri che vedono la Serie A come trampolino di lancio, ma non per i nostri.
Giocatori come Bastoni, Tonali, Zaniolo, Scamacca, che apprezziamo tutte le settimane nelle nostre squadre di Serie A, farebbero probabilmente il salto definitivo giocando in un campionato estremamente competitivo come la Premier League.
La domanda finale però è: hanno la qualità necessaria per giocare in Premier?
Una generazione senza attaccanti
Si sa come funziona il calcio. Una generazione è foriera di grandi difensori, un’altra di centrocampisti e un’altra ancora di attaccanti.
All’Italia di oggi mancano sicuramente attaccanti di valore. All’Europeo i gol non sono mancati, ma dagli ottavi in poi, le reti sono arrivate da Chiesa e Pessina (contro l’Austria), da Barella e Insigne (Belgio), Chiesa (Spagna) e Bonucci (Inghilterra). Tutti non propriamente delle punte o degli attaccanti di ruolo.
Dopo l’Europeo è andata ancora peggio, con due soli gol segnati nelle partite contro Bulgaria, due volte la Svizzera e l’Irlanda del Nord.
Immobile ha dimostrato di non trovarsi a suo agio fuori dall’ambiente Lazio, Belotti sembra ormai nella fase calante della sua carriera, Scamacca, Raspadori sono tutti da verificare a questo livello.
Mancini ha recentemente richiamato Balotelli e ha convocato per la prima volta Joao Pedro. E questo ci dice molto sullo stato dell’attacco dell’Italia.
Aspettative troppo alte
Certo, uscire in casa battuti dalla Macedonia del Nord (al 67° posto del ranking FIFA) non ha attenuanti, ma le aspettative che si erano create dopo la vittoria dell’Europeo erano decisamente eccessive.
L’Italia ha vinto l’Europeo meritatamente ma anche grazie a una serie di circostanze favorevoli, vincendo semifinale e finale ai rigori, e con una certa dose di fortuna nell’ottavo di finale contro l’Austria.
Ciò non giustifica la debacle clamorosa contro i macedoni, ma ci fa pensare che Trajkovski non abbia solo prolungato un’agonia che si sarebbe conclusa di qui a qualche giorno in Portogallo.