Si dice spesso che nel calcio ci si ricorda solo dei vincitori, mai degli sconfitti.
Ciò non è più vero dal 1974, quando l’Olanda del “calcio totale” perse la finale del Mondiali contro la Germania Ovest, ma entrò comunque nella storia del calcio.
L’Olanda degli anni Settanta del secolo scorso ha definito un’era, ha imposto al mondo uno stile di gioco, e ha affascinato un’intera generazione di appassionati di calcio.
Le finali mondiali dell’Olanda del “calcio totale”
La Grande Olanda degli anni Settanta, è un’emanazione dell’Ajax dei primi anni del decennio, capace di vincere 3 Coppe dei Campioni di fila, e di mostrarsi al mondo del calcio come qualcosa di nuovo, che non si era mai visto prima.
La nazionale ai Mondiali del 1974 era allenata da Rinus Michels, che quell’Ajax vincente l’aveva costruito e portato ai primi successi europei, prima di lasciare il posto a Stefan Kovacs, che continuò a condurre un Ajax vincente, dando anche maggior libertà ai suoi giocatori rispetto al predecessore.
L’Olanda arriva ai Mondiali del 1974 come una delle favorite, e sarà la prima partecipazione degli arancioni a una rassegna iridata dal lontano 1938.
Gli olandesi vincono piuttosto agevolmente il loro girone, e nella seconda fase- sempre a gironi- si sbarazzano di Argentina (4-0), Germania Est (2-0), e soprattutto del Brasile (2-0), campione del mondo in carica.
A quel punto gli olandesi sono pronti a sfidare la Germania Ovest di Beckenbauer padrona di casa, nella finalissima di Monaco di Baviera.
La partenza degli oranje è folgorante, tanto che la squadra di Michels va in gol dopo il calcio d’inizio, senza che nemmeno i tedeschi tocchino mai la palla. E’ la stella degli olandesi Johan Cruijff ad essere atterrato in area, ed è Neeskens a realizzare il rigore.
A quel punto però l’Olanda non affonda, forse perché voleva non solo battere, ma anche irridere il suo eterno e odiato rivale, così che i tedeschi ribaltano il risultato grazie al rigore di Breitner e al gol di Gerd Muller. Tutti i gol arriveranno nel primo tempo, mentre la ripresa sarà meno scintillante, e all’Olanda rimarrà l’amaro in bocca di un Mondiale giocato in maniera spettacolare, e perso di misura contro i padroni di casa.
Passano quattro anni, e l’Olanda è ancora in finale, e ancora contro i padroni di casa. Questa volta si tratta dell’Argentina, guidata politicamente da una giunta militare autoritaria, che non può permettersi di perdere il Mundial in casa.
Tanto è cambiato in casa olandese, con l’addio del tecnico Michels, sostituito dall’austriaco Ernst Happel– che nel 1970 ha guidato il Feyenoord alla conquista della Coppa dei Campioni- e senza più Cruijff in squadra, che ha dato l’addio alla nazionale.
Sull’addio di Cruijff si è molto discusso, ma ancora non si sa bene perché non sia volato con la squadra in Argentina. Si parlò di dissidi con la federazione olandese, di un’avversione del giocatore a giocare in un Paese dove i militari facevano sparire i ragazzi dalla strade per rinchiuderli nelle carceri e torturarli, e si disse anche che la moglie di Cruijff, dopo un tentativo di rapimento del marito, non volle che Johan si assentasse da casa, con il rischio di incorrere ancora in un tentativo di rapimento.
Ciò che non cambiò, fu il gioco degli olandesi, sempre votato all’attacco e a un gioco totale, anche se meno scintillante rispetto al 1974.
L’Olanda arrivò a giocarsi la finale a Buenos Aires e, dopo il vantaggio di Kempes, fu Nanninga a pareggiare per gli olandesi. Ci si avvicinava così ai supplementari, quando l’oranje Rensenbrink colpì il palo della porta difesa da Fillol proprio all’ultimo minuto di gioco. Poteva essere il gol che avrebbe consegnato la gloria agli olandesi.
Ai supplementari invece, furono gli argentini ad avere la meglio, grazie a un altro gol di Kempes e al 3-1 di Daniel Bertoni.
Come giocava l’Olanda ’74 del “calcio totale”
Si parla di calcio totale, perché i giocatori olandesi erano interscambiabili in tutte le zone del campo, con difensori che sapevano attaccare, e attaccanti che sapevano difendere.
Sembra una banalità detta oggi, ma nel calcio di allora, quello dei ruoli fissi e del poco movimento, non era così.
La stella assoluta era Joan Cruijff, attaccante atipico, che prediligeva arretrare per dare spazio a Rensenbrink e Rep, oppure allargarsi sulle fasce e attaccare da lì.
Jansen era la mente della squadra, mentre Neeskens, che nell’Ajax ha giocato spesso in fascia, in nazionale giocava in posizione più centrale.
Il portiere Jongbloed non era la prima scelta prima dei Mondiali, ma quando si infortunò il titolare Van Beveren, fu lui ad essere scelto da Michels, e Jonbloed divenne il primo portiere moderno della storia, un portiere “libero”, forse non un fenomeno in porta, ma capace di giocare con i piedi, bravo a far partire l’azione e partecipare al gioco assieme ai compagni.