La fiaba della favolosa “Danish Dynamite”

Quella che vi raccontiamo è una favola più che una storia.

Una favola non a lieto fine se per lieto fine consideriamo solo la vittoria, invece una fiaba con un romantico finale, se oltre al successo, consideriamo l’impatto che la Danimarca di metà anni Ottanta ha avuto sul gioco del calcio.

Danish Dynamite” è stata ribattezzata quella squadra, per il modo gioioso e dirompente che aveva di giocare, e anche per la forza di quella grande squadra.

Allenatore della Danimarca dei primi anni Ottanta è stato un tedesco nato in Polonia, Sepp Piontek, che da giocatore ha assommato qualche presenza nella nazionale della Germania Ovest senza lasciare tracce, mentre da allenatore è diventato un idolo in Danimarca, e non solo.

Quella Danimarca anche in Italia abbiamo imparato a conoscerla bene, perché molti di quei campioni sono venuti a giocare da noi in quegli anni, come Preben Larsen Elkjaer al Verona, Klaus Bergggreen al Pisa e poi alla Roma e al Torino, ma soprattutto Michael Laudrup, arrivato giovanissimo alla Lazio nel 1983, e poi esploso con Juventus e Real Madrid.

La favola della Danimarca iniziò all’Europeo del 1984, dove i danesi di Piontek sono stati davvero sfortunati.

L’Europeo 1984

La Danimarca arrivò a quell’Europeo da assoluta outsider, ma già nella prima partita mise in grossa difficoltà i padroni di casa della Francia, che avrebbero poi vinto il torneo.

A sbloccare la partita fu solo un tiro di Platini deviato da un difensore che mise fuori causa il portiere danese Qvist, ma fu subito chiaro che la Danimarca non avrebbe recitato il ruolo di cenerentola in quel torneo.

Dalla seconda partita in poi, iniziammo a vedere la vera Danish Dynamite. 5-0 alla Jugoslavia a Nantes, e 3-2 al Belgio a St Etienne dopo essere stato sotto 2-0, con il “veronese” Elkjaer in gol in entrambe le partite.

Quella Danimarca giocava un calcio veloce e aggressivo. In difesa comandava il libero Morten Olsen, mentre a centrocampo Arnesen, Lerby, Berggrenn, erano giocatori di assoluto valore e sostanza, mentre in attacco spopolava Elkjaer. In rosa vi era anche Allan Simonsen, Pallone d’Oro 1977, che però si infortunò gravemente subito alla prima partita con la Francia, e fu costretto a saltare l’intero torneo.

In semifinale a Lione con la Spagna, la Danimarca si portò subito in vantaggio con Lerby, ma subì il pareggio nella ripresa di Macheda. Le due squadre arrivarono così ai rigori, con errore decisivo di uno dei migliori giocatori di questo Europeo, Preben Elkjaer, che permise così agli spagnoli di giocarsi la finale con la Francia.

Questo torneo era stato solo l’inizio, perché ormai la Danimarca si stava affermando come una delle squadre migliori sullo scenario europeo.

Il Mondiale 1986

Prima del 1986, la Danimarca non si era mai qualificata ad un Campionato del Mondo. L’unico successo era stato il bronzo olimpico nel 1948 ai Giochi di Londra, quando i danesi schiantarono anche l’Italia di Pozzo per 5-3.

Da allora solo delusioni però, fino alla nazionale di Piontek, che cambiò il corso della storia.

In Messico ai Mondiali, la nazionale danese fu inserita in quello che venne definito il “Gruppo della Morte” -ce n’è sempre uno, ad ogni Mondiale od Europeo- con Germania Ovest, Uruguay e Scozia, ma i danesi ormai si sentivano una grande del calcio mondiale, e affrontarono ogni partita con l’intenzione di vincerla.

Nella prima uscita batterono la Scozia per 1-0 grazie a un gol di Elkjaer, mentre nella seconda uscita schiantarono gli uruguayani con un incredibile 6-1, grazie anche a una tripletta del bomber del Verona.

I 6 gol danesi all’Uruguay

L’ultima uscita del girone, diede la consacrazione definitiva ai ragazzi terribili di Piontek, che batterono per 2-0 la Germania Ovest, vincendo agevolmente il gruppo.

Nell’ottavo di finale di Querètaro con la Spagna, la Danimarca non si presentava più da outsider ma, come all’Europeo 1984, furono gli spagnoli ad interrompere la fiaba danese, e stavolta in una maniera davvero eclatante. Dopo il vantaggio su rigore con Jesper Olsen su rigore, la Spagna ribaltò la contesa grazie a una quaterna di uno scatenato Emilio Butragueno, vincendo la partita con un netto 5-1.

La favola danese finì in maniera eclatante, proprio come era cominciata.

Quella fu l’ultima estate nella quale la cicala danese cantò in maniera così celestiale, perché già due anni dopo all’Europeo 1988 non si parlò più di Danish Dynamite, con la nazionale scandinava già a casa con tre sconfitte dopo il primo turno.

Ai Mondiali 1990 e 1994 i danesi non si qualificarono nemmeno, ma nel mezzo, una nazionale già in ferie e richiamata di tutta fretta per partecipare all’Euro 1992 per l’esclusione della Jugoslavia, vinse contro ogni pronostico.

La nazionale del 1992 non giocava più con la spensieratezza e dando spettacolo come quella degli anni Ottanta, ma per la prima volta nella storia della nazionale danese riuscì a portare a casa un titolo.

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