La notizia è arrivata così all’improvviso, tra un ombrellone e l’altro con i tifosi in attesa del Ferragosto, e con l’attenzione rivolta alla prima giornata di Serie A del prossimo weekend.
Roberto Mancini non è più l’allenatore della nazionale italiana. Si è dimesso lui, con una PEC mandata nella notte tra sabato e domenica alla federazione, e ciò rende ancora più triste tutta la vicenda. Mancini infatti lascia a poche settimane dalle partite cruciali per la qualificazione all’Europeo del 2024 in Germania, perché a settembre gli Azzurri dovranno scendere in campo con Macedonia del Nord (e i ricordi non sono certo buoni) e Ucraina, e dopo aver già perso in casa con l’Inghilterra.
Vero che nel girone passano le prime due ma, dando ormai per quasi scontato il primo posto degli inglesi, l’Italia dovrà mettersi alle spalle proprio le due avversarie che affronterà in sequenza a settembre.
L’Italia dovrà farlo con un nuovo CT, che probabilmente verrà comunicato nella giornata di mercoledì 16 agosto, e dopo che solo due settimane fa a Mancini erano stati dati pieni poteri come supervisore delle nazionali, da quella maggiore alla Under 20, passando dall’Under 21.
I 5 anni di Mancini alla guida dell’Italia
Per definire questo quinquennio manciniano, sposiamo ciò che ha scritto Roberto Beccantini, prima firma del Guerin Sportivo, fra gli altri, che ha definito il Mancio come “sottovalutato come giocatore, e sopravvalutato come allenatore”. Ricordiamo infatti che Mancini fu un grandissimo talento in campo fin dai suoi esordi nel Bologna, e poi in tutti gli anni passati alla Sampdoria. Sicuramente ha vinto molto meno rispetto al talento espresso, e in nazionale da giocatore non è stato convocato nel 1986 da Enzo Bearzot ai Mondiali, mentre è rimasto ai margini del progetto nell’Italia di Azeglio Vicini nel 1990. Arrigo Sacchi non l’hai praticamente mai perso in considerazione, così che la sua carriera azzurra rimane legata all’Europeo 1988, e a quel gol alla Germania Ovest con annessa esultanza polemica che il Mancio rivolse verso i suoi critici in tribuna stampa.
Da allenatore della nazionale Roberto Mancini ha ereditato nel 2018 le macerie lasciate da Gian Piero Ventura, e dall’ignominia di una mancata qualificazione al Mondiale che non si verificava dal 1958.
Mancini ha esordito sulla panchina azzurra nel maggio 2018 in amichevole battendo l’Arabia Saudita per 2-1, ed ora, ironia della sorte, il suo futuro potrebbe essere proprio arabo, perché gli sceicchi non vedono l’ora di farlo volare a Riad e offrirgli un contratto di 40 milioni di dollari all’anno, con l’obiettivo di andare ai Mondiale del 2026.
Mancini in azzurro ha condotto la squadra a vincere un Europeo da outsider nel 2021 (a cui va aggiunto un record mondiale di imbattibilità di ben 37 partite di fila), un successo che gli ha consentito di avere ampio credito anche quando sono arrivati i tanti momenti negativi. In quell’Europeo infatti, l’Italia ha rischiato grosso fin dagli ottavi contro l’Austria, e poi ha vinto ai rigori in semifinale con la Spagna, e sempre dal dischetto la finale con gli inglesi. Una vittoria assolutamente meritata, ma con la sensazione forte che quella non era la nazionale più forte di quegli Europei, ma ha cavalcato l’onda al momento giusto- e di questo non si può farne certo una colpa all’allenatore, perché in passato è successo anche a ct vincenti come Bearzot e Lippi, e anche Sacchi ha raggiunto la finale mondiale nel 1994 con vari eventi a favore.
Mancini però nel marzo 2022 ha fallito la qualificazione al Mondiale del Qatar perdendo il playoff in casa con la Macedonia del Nord, e a quello spareggio non saremmo neanche dovuti arrivare, se non avessimo inanellato una serie di pareggi con Svizzera (due volte), Bulgaria e Irlanda del Nord.
Da quella notte di Palermo le cose non sono state più le stesse fra Mancini e la nazionale, e la separazione sembrava già allora nell’aria. Da quel giorno però si è andati avanti ancora un anno e mezzo, e l’addio ora invece è arrivato davvero a sorpresa.
Chi sarà il sostituto di Mancini sulla panchina azzurra?
Il tempo stringe per il sostituto, e subito dopo l’addio si sono fatti i nomi di Antonio Conte, che ha già guidato l’Italia agli Europei 2016, che di Luciano Spalletti, che ha lasciato Napoli dopo uno storico scudetto.
Spalletti sembra comunque in vantaggio, anche se fino al 2024 è legato da una clausola al club di De Laurentiis e, se la federazione non pagherà questa clausola, l’allenatore potrebbe non essere liberato. Diciamo potrebbe perché comunque è la nazionale italiana a bussare alla porta del presidente del Napoli, e un accordo fra le parti potrebbe essere trovato nelle prossime ore.